Inquinamento acustico dopo il Covid-19

Inquinamento acustico al tempo di COVID-19

L’inquinamento acustico considerazioni in tempo di COVID-19
Il Covid-19 ha messo il mondo di fronte alle sue fragilità.

Si ipotizza una sinistra correlazione inquinamento dell’aria e virus.

L’unica nota positiva è forse nella strana e piacevole sensazione provata da molti nel respirare nelle città aria più pulita grazie
al fermo del trasporto e dei veicoli privati.
Un’altra sensazione è apparsa a molti durante questo periodo: il silenzio. La mancanza dei tanti rumori generati dal trasporto urbano.

Rumori cui la maggior parte delle persone nate dagli anni ’60 in avanti si sono abituate ad ascoltare, progressivamente in aumento, come parte integrante della loro vita e del progresso tecnologico.
E come in tutte le cose la mancanza di qualcosa cui siamo abituati genera in noi una strana sensazione, e non è forse un caso che quest’anno a Sanremo abbia vinto la canzone “Fai rumore” dove si parla di silenzio insopportabile.

L’inquinamento acustico è un problema serio, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stabilito che nell’Unione Europea il rumore eccessivo, generato per lo più da traffico stradale, è uno dei più gravi rischi ambientali per la salute. Un europeo su cinque è esposto a livelli di inquinamento acustico pericolosi, e sono molteplici le ricerche che indicano come l’esposizione a rumore eccessivo provochi stress, malattie cardiovascolari, mentali, ictus e disturbi del sonno.

Nei veicoli elettrici si sentono i rumori di rotolamento ed aerodinamici a velocità superiori a 20Km/h, ma il motore elettrico non fa rumore e per gli appassionati di auto, a maggior ragione per chi come me è nato in periodo e terra di motori, è una grave mancanza.
Da sempre auto e moto sono sinonimo di rombo di marmitte, rumore di pistoni e bielle che girano, senza le quali l’auto non è auto, nelle città i bus con i loro motori di alte cilindrate e frazionamenti sono fonte di grande rumore quando accelerano, in sostanza il rumore ci fa percepire l’essenza e la presenza dei veicoli.
Per questo se da un lato oggi tutti i veicoli non possono essere omologati se superano i valori di soglia, dall’altro la normativa europea impone che gli Electric Vehicles (EV) siano dotati di sistemi di segnalazione acustica non disattivabile, in grado di generare un suono con intensità di almeno 56 decibel per velocità inferiori a 20 Km/h ( max di 65 decibel di giorno e 55 decibel di notte consigliati da OMS) , quando cioè il rumore di rotolamento è praticamente inavvertibile.
Ma c’è di più, il rumore serve non solo all’esterno, all’interno il guidatore è abituato a sentire suoni, piacevoli ed emozionanti.

I ferraristi abituati alle melodie dei motori 8 e 12 cilindri, così come i porschisti a quelle dei boxer 6 cilindri, come potranno guidare auto perfettamente silenziose?
Le case automobilistiche, in particolare le più prestigiose, hanno affidato ad eminenti musicisti e studi musicali il compito di studiare il suono (sound) dell’auto del futuro.
Ci sono varie filosofie a riguardo, da chi propone di imitare gli attuali suoni, a chi invece privilegia suoni provenienti dalla natura e dalla musica, a chi è impegnato nella ricerca di nuovi suoni, diversi a seconda del tipo di guida. Suoni in grado di interpretare non solo gli aspetti funzionali, ad sempio il corretto funzionamento dei componenti come il motore, ma anche quelli emozionali.
Del rumore dunque non si può e non si vuole fare a meno, ma con gli EV possiamo abbassare le soglie attuali, nei centri urbani spesso piuttosto elevate.
Si tratta di una vera e propria rivoluzione culturale, che avrà a dire degli esperti il beneficio di ridurre gli effetti negativi del rumore, nel senso di inquinamento acustico, creando un insieme di nuovi strumenti e musiche.
L’auspicio e la speranza sono comunque di migliorare la situazione e guardare ad un futuro più sostenibile anche sotto questo punto di vista.

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