gas serra

Le emissioni di gas serra e i trend: un aggiornamento

Le emissioni di gas serra sono state monitorate e  15 aprile 2021 L’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione
e la Ricerca Ambientale) ha presentato il National Inventory Report 2021 sullo stato delle emissioni di gas serra (climalteranti) in Italia a tutto il 2019.

Tra i gas a effetto serra emessi in atmosfera i maggiori contributi vengono dalla anidride carbonica (CO2) per lo 81,2%, dal metano (CH4) e dal biossido di azoto (NO2) che contribuiscono rispettivamente per 10,4% e 4,1% in emissioni equivalenti di CO2.

Anidride carbonica (CO2)

Le considerazioni dell’ISPRA fanno tutte riferimento al confronto con i dati del 1990, con riduzioni della CO2 del 22,7% nel 2019 rispetto al 1990.

Ma quello che più preoccupa è che dopo una tendenza riduttiva che ha portato ad un minimo nel 2013, grazie all’uso di metano invece che carbone per la produzione di energia elettrica e nell’industria, nel 2014 si è avuto un rialzo che si è sostanzialmente mantenuto negli anni successivi, con quasi nessuna o pochissime variazioni al ribasso nel 2017-18-19, quest’ultime dovute all’aumento dell’uso di energie rinnovabili.

Metano (CH4)

Le emissioni di metano sono principalmente dovute all’agricoltura (44,2%), rifiuti (37,9%) ed ai settori di distribuzione della energia (17,9%), e mostrano una riduzione nel 2019 rispetto al 1990 del 14,3%.

La riduzione nel settore agricolo è prevalentemente avvenuta grazie all’uso degli effluenti (polline, letame, liquame) e sottoprodotti agricoli negli impianti di biogas realizzati dal 2008 al 2016.

Per contro il trattamento dei rifiuti ha causato un aumento del metano emesso, frutto di un aumento dei rifiuti solidi posti in discarica (emissioni +11,9%) ed una riduzione delle emissioni dal trattamento delle acque (-23,7%), che però contribuiscono al totale emissioni metano solo per il 15%, contro lo 83,9% dei rifiuti solidi.

Nel settore energetico, trasporti e riscaldamento si sono verificati due fenomeni contrastanti, la riduzione di emissioni per il miglioramento delle reti di distribuzione ed il passaggio ai combustibili gassosi, e l’aumento di emissioni causato dall’uso di biomasse e combustibili gassosi in riscaldamento con conseguenti perdite in atmosfera.

Anche per il metano preoccupa la sostanziale costanza di emissioni negli ultimi anni, a conferma che poco o niente è stato fatto e comunque con scarsissimi risultati.

Biossido di azoto (NO2)

Nel 2019 lo NO2 rappresenta il 4,1% dei gas serra, ridotto del 33,7% rispetto al 1990, ma sostanzialmente costante negli ultimi 4 anni. Essendo infatti principalmente dovuto ai concimi chimici e organici della agricoltura (58,7%) ed al trattamento delle acque degli allevamenti, le riduzioni degli anni passati sono imputabili alla riduzione dei capi, rimasti costanti in tempi recenti, con nessuna azione e quindi nessun risultato conseguente.

La restante riduzione era dovuta alla riduzione della produzione di cemento, recentemente controbilanciata dall’uso di cippato per i riscaldamenti degli edifici.

Altre emissioni (10,8%) sono riconducibili al trattamento dei rifiuti solidi e delle acque di scarico.

Gli altri gas inquinanti

Lo Informative Inventory Report 2021 relaziona sullo stato delle emissioni dei gas inquinanti a tutto il 2019
Riportiamo qui di seguito dati e considerazioni sui maggiori inquinanti

Ossidi di zolfo (SOx)

La sensibile riduzione tra il 2000 ed il 2010 a valori poco superiori ai 200 Gg/anno, ampliamente al di sotto delle 475 Gg stabilite per il 2010 dalle National Emission Directive e quella dal 2015 al 2019 a 105 Gg/anno, in accordo con le riduzioni del 65% rispetto al 2005 e del 29% al 2030, ha portato l’Italia ad essere in linea con le previsioni anche per i
prossimi anni.

Il trend decrescente è dovuto prevalentemente alla riduzione delle emissioni nella produzione di energia (-99%) e nella industria (-92%) , che nel 2019 rappresentano il 13% ed il 24% del totale rispettivamente.

Altre importanti riduzioni si sono avute in processi di produzione (-84%) ed altre fonti mobili (-74%) che contribuiscono per il 25% ciascuna, così come nei trasporti (-100%) e negli impianti di combustione non industriali (-88%) che però contribuiscono solamente per lo 0,3% il 10% alle emissioni globali di SOx.

Si può dire che la riduzione dal 1990 è stata molto significativa e che questo tipo di emissioni, pur costanti negli ultimi, non rivestono in Italia grande fonte di preoccupazione per il conseguimento dei limiti europei.

Biossido di azoto (NO2)

Gli Nox mostrano un trend decrescente nel periodo 1990-2019, con riduzioni del 71%, in maniera più marcata tra il 1995 ed il 2020, specialmente nei settori trasporti e produzione di energia.

Nel 2020 è stato raggiunto il target di riduzioni del 60% dal 2005, con ulteriore target di riduzione al 2030 del 35% rispetto a quelle 2005.
Riporto qui di seguito le maggiori fonti di emissioni di Nox ed i loro trend

 

Complessivamente nel periodo 1990-2019 le emissioni sono ridotte a un terzo da 2165 a 627Gg/anno, grazie alla conversione all’uso del metano negli impianti di produzione di energia ed industriali ed alla introduzione di severe restrizioni sulle emissioni dei veicoli, non accompagnate da analoghe iniziative in agricoltura ed altre attività non industriali (vedi riscaldamenti).

Ma ciò che richiama attenzione è la costanza di negli ultimi 3 anni, a testimonianza che poco o nulla si è fatto per migliorare.

Ammoniaca (NH3)

Per contro l’ammoniaca in 19 anni si è ridotto del solo 30% da 467 a 355 Gg/anno.

Raggiunto il target di riduzione al 2010 (410 Gg) ed al 2020 (95% dei valori 2005), il target 2030 è di ulteriore riduzione del 84% dei valori 2005.

Le emissioni di ammoniaca sono per il 94% dovute all’agricoltura e le riduzioni ottenute al 2019 sono grazie alla riduzione degli animali allevati ed alla introduzione di tecnologie di abbattimento.

Poco si è fatto e poco si farà anche con le nuove direttive ( European Rural Development Programs) che introducono incentivi all’uso di buone pratiche di abbattimento.

Componenti non metanici organici volatili (NMVOC)

Nel periodo di interesse si sono ridotti del 55% (1994->894 Gg/anno) principalmente per la riduzione nei solventi (-41%), trasporti (-87%) e nella estrazione/distribuzione di combustibili (-62%) che contano rispettivamente per il 41%, 11% ed il 4%.

Altre riduzioni si sono avute in agricoltura (-15%) sorgenti mobili e macchinari (-82%), contando sul totale per il 14% ed il 3% rispettivamente.

Per contro le emissioni da impianti di combustione non industriale hanno avuto un incremento del 68%, contando per il 19% sul totale emissioni.

Per i solventi (pitture, cosmetici, lavaggi a secco, processi chimici domestici ed industriali) le riduzioni sono grazie a normative che impediscono l’uso di soventi e obbligano l’uso di sistemi di abbattimento, ad esempio con ciclo chiuso ( closed loop) per le lavatrici a secco.
Nei trasporti le normative Euro hanno nel corso degli anni prodotto i risultati attesi, così come gli incentivi all’uso di carburanti alternativi (metano e GPL).

L’aumento delle emissioni nelle combustioni non industriali è dovuto allo scellerato uso, ed incentivazione, all’uso di biomasse legnose.

Monossido di carbonio (CO)

Nel periodo 1990-2019 si è avuta una riduzione del 70% da 6.797 a 2062 Gg/anno, prevalentemente grazie a riduzioni nei trasporti (-90%), trasporti su strada (-92%) e altre sorgenti mobili e macchinari (-73%), che pesano sul totale per il 19% ed il 6%
rispettivamente.

Per contro l’adozione di biomasse legnose nei riscaldamenti ha portato ad aumento delle emissioni del 59%, rappresentando circa il 61% delle emissioni totali.
Aumenti delle emissioni anche per la gestione rifiuti (+8%) su un peso totale del 2%, ed una riduzione per agricoltura (-3%) per un peso sul totale dello 1%.

Particolato (PM)

PM10
Si nota una diminuzione del 41% da 293 a 172 Gg/anno dal 1990 al 2019, ma anche qui gli ultimi 2 anni sono costanti. Circa il 55% delle emissioni di PM10 è dovuto ai riscaldamenti con un aumento del 39% sempre causa le biomasse legnose.

In riduzione invece le emissioni di agricoltura ( -30% ) su un peso del 13%, dei trasporti su strada (- 66%) su un peso del 12%, di altre sorgenti mobili e macchinari ( -71%) su un peso del 5%, dell’industria (-71%) su un peso del 4%, dei processi di produzione (-47%) su un peso del 7%. La maggiore riduzione (-98%) spetta alla produzione di energia il cui contributo alle
emissioni è ora sceso sotto lo 1%.

PM2,5
Il trend 1990-2019 mostra una riduzione del 39% da 227 a 139Gg/anno, ancora stabile nel 2018 e 2019.
In riduzione le emissioni di agricoltura ( -24% ) su un peso del 4%, dei trasporti su strada (-71%) su un peso del 10%, di altre sorgenti mobili e macchinari ( -72%) su un peso del 7%, dell’industria (-69%) su un peso del 4%, dei processi di produzione (-47%) su un pesodel 7%.

La maggiore riduzione (-98%) spetta alla produzione di energia il cui contributo alle emissioni è ora sceso sotto lo 1%.
Per contro sono aumentate le emissioni dovute ai riscaldamenti (+39%) su un peso del 67% e quelle della gestione dei rifiuti (+6%) su un peso del 2%

Un passo indietro? Forse no.

Ci fermiamo qui con i dati sugli inquinanti più comuni, da cui si evince che dopo iniziative significative dal 2000 ad oggi con altrettanto significativi risultati di riduzione degli inquinanti, in anni recenti la spinta a ridurre le emissioni climalteranti ed inquinanti si è affievolita, anche perché al pari di quanto avviene facendo la dieta, i primi risultati sono facili da raggiungere, poi vengono i sacrifici.

Sacrifici che sono scelte politiche ed economiche mirate volte alla salvaguardia dell’ambiente, con costi economici e sociali
importanti.

Dobbiamo cambiare stile di vita e sopportare il costo del cambiamento.

La pandemia COVID 19 ha avuto conseguenze positive a questi effetti, mostrando che si può avere una aria migliore nelle città, con un calo stimato della CO2 del 9,8%, che però corrisponde al calo del PIL del 8,9%.

Un insegnamento che ci deve far riflettere e stimolare per trovare nuove organizzazioni e politiche che consentano di migliorare
l’ambiente e le condizioni economiche del paese.

Il PNNR con i suoi incentivi alla Transizione Ecologica è una grande opportunità per far quadrare i due obbiettivi, vediamo di lavorare bene per raggiungerli.

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